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Le origini della pubblicita' in Italia

Aggiornamento: 1 set 2022


Alla fine dell’Ottocento, con diversi anni di ritardo rispetto all’Inghilterra, in Italia compaiono le prime inserzioni sulle ultime pagine dei giornali, all’interno dei primi tram a cavallo. Nasce anche la prima concessionaria di pubblicità, fondata dal farmacista Attilio Manzoni nel 1863, attiva ancora oggi.

Verso la metà del Novecento cominciano ad operare i cartellonisti. Il prodotto tuttavia, raramente viene posto in primo piano nei manifesti, perché ad essere pubblicizzato è, come in Francia, lo stile di vita della borghesia, nei cafè, nei teatri o alle corse dei cavalli.


Con Leonetto Cappiello (1875-1942) il manifesto conosce il suo periodo di massimo splendore in Italia. Cappiello, artista livornese, opera soprattutto in Francia; egli è, infatti, erede della tradizione francese e inventore del personaggio idea, come “il cameriere arrampicato sul lampione” creato per la Bitter Campari nel 1921.  


Marcello Dudovich (1878-1962), altro importantissimo cartellonista italiano, realizzò quasi tutti i manifesti della Rinascente, rappresentando nei suoi lavori la bella vita dei primi del Novecento: le corse dei cavalli, gli abiti eleganti, i raduni mondani. Nel corso della sua carriera diede vita a più di 600 manifesti pubblicitari di ogni genere, influenzato dalle correnti artistiche dell’epoca: i Preraffaelliti, il Liberty e lo Jügendstil tedesco.


Negli anni Venti nascono le prime agenzie pubblicitarie, che vengono però soffocate dalla grande crisi del 1929 e, di fatto, gli unici uffici organizzati in questo settore rimangono le concessionarie di pubblicità.

Nel 1926, con la nascita della SIPRA (Società Italiana Pubblicità Radiofonica Anonima) e, successivamente, della pubblicità radiofonica, le aziende inserzioniste cominciano a sponsorizzare i programmi, dando così un nuovo impulso all’uso della parola, messa in secondo piano rispetto al manifesto.

Negli anni Trenta la pubblicità subisce una battuta di arresto a livello culturale, fortemente condizionata dal regime fascista. Il regime comincia infatti a sfruttare la pubblicità per sostenere i prodotti nazionali, avviando una politica di autarchia.


Boccasile (1901-1952) può essere considerato il cartellonista più rappresentativo degli anni Trenta, creatore della “signorina grandi firme”; la sua fama è tuttavia oscurata a causa della realizzazione di diversi manifesti per la propaganda fascista. Egli si distingue dagli altri artisti dell’epoca poiché la realtà che egli rappresenta nei manifesti che produce non è quella dell’alta borghesia, bensì quella del popolo: non più donne alte, snelle e sofisticate, ma popolari e dalle forme abbondanti.


Nonostante le difficoltà economiche che l’industria pubblicitaria dovette affrontare nel secondo dopoguerra, negli anni cinquanta nacquero le prime associazioni di categoria e, qualche anno più tardi, arrivarono in Italia le agenzie americane.

Il passaggio da pubblicità d’artista a pubblicità professionale e televisiva è segnato dall’opera di Armando Testa. Grafico, pittore e pubblicitario, nel 1946 apre uno studio che, nel 1956, diventa un’agenzia pubblicitaria. Per “Carosello” crea una serie personaggi che, anche se nati negli anni Sessanta, sono sopravvissuti fino ad oggi o fino a qualche anno fa; come Carmencita, creata per la Lavazza, la Bionda della Peroni, Pippo per la Lines o il pianeta Papilla per la Philco.

Negli anni Cinquanta le aziende non possono ignorare l’importanza che la pubblicità ha assunto in Italia e così cominciano ad instaurarsi sul territorio filiali delle grandi agenzie americane e inglesi.

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